Superfici Variabili è una serie di lavori che vengono fruiti all’interno di un ambiente buio in cui la luce spot puntata sull’opera si alterna alla luce wood e, in alcuni casi, a quella posta dietro che la retroillumina.
In Visionte Olometabolica viene riconosciuto l’avvicinamento del fruitore all’opera centrale e in quel momento si avviano dei cambi di luce che trasformano la dimensione sensoriale e la composizione stessa degli oggetti.
Visione Olometabolica, 2015
Visione Olometabolica, 2015
62 x 62 cm
(con impianto di illuminazione adattato)
«Essendo il nostro mondo sommerso dalle immagini, l’assuefazione frattanto insorta, esorta l’artista ad azzardare provocazioni visive peculiari e che saranno, alla fin fine, il veicolo od esca attraverso il quale lo spettatore o riguardante guadagnerà poco a poco una certa confidenza con l’opera e finirà per esplorarla, interrogandola. Ciò favorirà senza dubbio il superamento dell’assuefazione vigente, di questo stordimento collettivo che traduce la messe delle immagini in un orizzonte grigio.»
Rolando Bellini
Come mai una libellula? La libellula è un insetto della famiglia degli olometaboli, da cui prende il nome il lavoro e il cui ciclo evolutivo ha ispirato la performance “Catarsi Crisadelica”. Esistono varie fasi evolutive della vita di un insetto e quella dei Lepidotteri, gli insetti caratterizzati dalle ali, ha un complesso ciclo evolutivo che racchiude paradigmi universali che si riflettono paradossalmente sui cicli evolutivi dell’uomo.
Egli infatti dopo il primo ciclo, procede il suo percorso con il radicale distacco da qualsiasi legame al passato (come avviene ad una farfalla nel momento in cui si distacca dal suo bozzolo), ossia l’ unica possibilità per giungere ad una Rinascita interiore e per reinserirsi nel mondo con una consapevolezza nuova e reale.
E’ indispensabile quindi oggi saper guardare al mondo con occhi lucidi e oggettivi, cioè senza il trascinamento delle ancore infantili, le restrizioni e i turbamenti consci o inconsci dell’esperienza umana, ma anche e non per ultimo dell’influenza di una società basata sulla finzione mediatica e sulla superficialità intellettuale, sul nichilismo e l’incessante esigenza a sopraffarsi; occhi che così diventano paradossalmente carichi di una capacità fuori da ogni limite di immaginare, di creare nuove stimolanti realtà inesistenti nel mondo “comune”, di percepire e scrutare particolari invisibili, sviluppando la capacità di slegare e distinguere ciò che si pone visivamente davanti ai nostri occhi e gli schemi legati ad esso.
Nolite te Bastardes Carborundorum, 2020
La frase, tratta dal romanzo di Margaret Atwood, scritta in finto-latino significa: “Non consentire che i bastardi ti annientino”.
L’opera di Margaret Atwood parla dell’ universo femminile che deve fare i conti col patriarcato insito da sempre nella nostra società. Nel romanzo da cui è tratta questa frase, Il racconto dell’Ancella, la realtà che viene proposta è distopica e il messaggio citato viene lasciato da un’ancella all’ancella che avrebbe preso il suo posto dopo il suo suicidio, suicidio che avviene come atto di liberazione dalla sottomissione e dalla violenza a cui doveva sottostare. La protagonista, con una forza invincibile, inizia una battaglia silenziosa, acuta e coraggiosissima.
Questo lavoro è dedicato a tutte le donne “coscienti” che si ribellano al patriarcato e lottano per affermare la parità di genere.
Di fronte a questo lavoro, come agli altri della serie, il nostro sguardo viene portato, quasi inconsciamente, ad approfondire ciò che gli si pone davanti, rifiutando così con quell’appagamento estetico rappresentato dalla visione informale iniziale di tale superficie.
C’è dunque un invito a sviluppare un nuovo modo di guardare alle cose, non più sfuggente e occasionale ma interessato e responsabile, un’occasione per riflettere sulla nostra percezione del mondo e su quanto la nostra interpretazione sia influenzata da preconcetti e sovrastrutture mentali derivanti dalla nostra società e dalla nostra cultura, ancor oggi fin troppo machista.
Incontro (MAAM), 2018
Intervento installativo presso il MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz, Roma
La frase riporta la parola “incontro”, la riflessione qui è sulla relazione tra gli individui che scelgono di condividere la dimensione abitativa per uno stato di necessità e di fare di questa condivisione anche un’opportunità di crescita culturale, proprio com’è stato fatto all’interno del MAAM, centro d’arte e di ricerche sociali nato da un’occupazione e sito in un quartiere romano.
Il lavoro è stato installato sul bancone della mensa o della sala dove gli abitanti dell’unico museo abitato esistente consumano i loro pasti.
INCONTRO è una bellissima parola con duplici significati, può essere qualcosa che prevede vicinanza fisica o mentale pacifica, benevola e positiva ma può anche essere sinonimo di combattimento, di scontro. Entrambi i significati, in contraddizione tra di loro, mi ricordano la natura di questo luogo che mi ha fatto sentire accolta come in una grande famiglia dentro la quale però è inevitabile accorgersi della complessa gestione della convivenza.