“Sei davvero capace di vedere oltre?”, 2016
Opera relazionale


Opera vincitrice del contest “Show and tell” di ArtePadova

Opera esposta in occasione di Studi Festival 2016


“Sei davvero capace di vedere oltre?”, del 2016, si presenta come una superficie densa di elementi minuti, apparentemente caotici, la cui visione d’insieme rimanda compositivamente alle superfici dell’arte informale, in cui l’ attenzione è spostata principalmente sulla materialità dell’opera. La percezione dell’opera varia in base all’illuminazione.

La texture astratta, visibile con la luce calda, è ottenuta con delle parti provenienti dal vissuto dell’uomo, si tratta difatti di elementi quali i peli, i capelli, i frammenti di cellule morte ma anche altri scarti provenienti dagli ambienti domestici come polvere, briciole, pelucchi di indumenti…
L’ evoluzione del lavoro ha poi portato, nel progetto “Scorie Microcosmiche”, a voler scrutare tali superfici attraverso uno strumento ottico, così da permettere di leggere meglio i “microcosmi” che contenevano quei grovigli di filamenti e polveri. In maniera del tutto istintiva la direzione “cosmica” pareva inevitabile e il suo collegamento era tutto fuorché casuale.
In questo passaggio di trasformazione percettiva emerge la domanda: “Sei davvero capace di vedere oltre?”. Un interrogativo che si manifesta solo con l’illuminazione adeguata, rivelando un messaggio chiaro, all’interno di una composizione di elementi che rimandano al buio e immenso cosmo. Un simbolo dell’infinito e dell’ignoto, dove caos e armonia convivono in un equilibrio solo apparentemente casuale. Emblema della piccolezza dell’individuo di fronte alla grandezza e anzi all’infinità del cielo. L’uomo al cospetto del creato, anche quando ignorava il creazionismo, si è sempre dovuto confrontare con misure soverchianti che ne hanno determinato la piccolezza. Verrebbe da dire: un estremo atto di coscienza della propria finitezza e miseria, rispetto alle altre componenti del mondo che, in qualche modo, ci appartiene e ci nutre. Purtroppo, una consapevolezza che non trova gli opportuni riscontri nell’agire umano.

 

L’opera si offre come un ambiente da attraversare con lo sguardo ma anche con il corpo. La sua possibile fruizione che prevede un calpestamento a piedi nudi, come fosse un tappeto, evoca un’esperienza sensoriale che spinge oltre la barriera del rifiuto istintivo. Il contatto con una materia così familiare eppure respingente sollecita una riflessione sulla necessità di superare preconcetti e schemi mentali radicati. Una sorta di purificazione dello sguardo e della percezione, un invito a riconsiderare ciò che si crede di conoscere.

 

Ecco un’installazione del lavoro, esposto insieme a “Visione Olometabolica” durante la mostra Presa in Carico del 2016.

 

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